Mondè, quando il cinema documenta il cammino

Diversità, comunità, tradizione. A ogni passo si vivono queste dimensioni e ci si rende conto che non è miope usarle come possibilità di rigenerazione e rinascita sociale. Tanto più se questi valori sono introiettati in un documento filmico, in un racconto per immagini, che non sia né giornalismo né fiction o autofiction. È questo Mònde, il primo festival cinematografico dei Cammini, il cui nome si rifà al termine dialettale con cui è chiamata la cittadina di Monte Sant’Angelo, ma al contempo rinvia anche al “mondo”, ad un altrove universale.

La 2^ edizione di “Mònde” –– si terrà da giovedì 10 a domenica 13 ottobre 2019, dentro il quartiere storico e identitario della città dell’Arcangelo, il Rione Junno e all’interno del Parco Nazionale del Gargano.

Luciano Toriello, regista e documentarista pugliese e ideatore di Mònde è a Venezia in questi giorni insieme alla dirigenza culturale della Regione Puglia, col dirigente Aldo Patruno e la presidente dell’Apulia Film Commission Simonetta Dellomonaco con due cose distinte dentro lo showcase della Puglia al Festival del Cinema di Venezia.

La sua creatura Mònde è stata protagonista, insieme a “Social Film Fund Con il Sud” e ai progetti “Ciak” e “Circe”, del focus dedicato alle produzioni sostenute da Apulia Film Commission e Regione Puglia.

A Venezia Toriello ha presentato anche La luce dentro, uno dei dieci progetti documentaristici selezionati tra 100 dalla Fondazione per il Sud dalla giuria presieduta da Gennaro Nunziante.

A Bonculture ha raccontato un po’ della sua esperienza e dei suoi lavori. Mònde è qualcosa di completamente nuovo nel panorama culturale meridionale. È insieme un festival, ma anche una ricerca di essenza, una strada non battuta per il turismo sia esperenziale sia didattico.

Da anni Toriello, regista talentuoso, ha abbandonato la fiction per dedicarsi ai documentari.

“Con la Fondazione per il Sud, bisognava raccontare il terzo settore nel Sud Italia- spiega- il mio documentario è anche una promozione del territorio, con 2 associazioni: Paidos di Lucera, casa famiglia e centro diurno, che si occupa di bambini svantaggiati, e Lavori in Corso, che organizza attività in carcere. Ho creato un collegamento tra queste due realtà, concentrandomi sul diritto alla genitorialità. Con La luce dentro mi sono chiesto che fine fanno i figli di chi è detenuto. Hanno delle tutele? Ho conosciuto che sì, grazie a delle associazioni si ricostruisce una sorta di famiglia. Nel documentario c’è un incastro tra le due associazioni. È questo il mio linguaggio perché trovo che la telecamera debba essere utile a dare voce a chi non ne ha, come un megafono. Il mio è cinema del reale, a tratti può sembrare fiction, perché con la famiglia si è rotto il muro, le conversazioni sembrano molto vere, è cinema verità”…

Antonello Soccio

3/9/2019   www.bonculture.it



 

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